Monografie: L’Ombra del Colonnello



carlo_giordana Il Generale Antonio Cantore ed il suo collega Carlo Giordana hanno condiviso la stessa sorte durante la Grande Guerra: morire per un solitario colpo di fucile sulla prima linea.

I loro destini storiografici sono stati ben diversi: il ligure Cantore, colpito sotto le suggestive vele di pietra dolomitica delle Tofane, appartiene alla stirpe dei numi tutelari delle penne nere. Il piemontese Giordana, pure lui comandante di truppe alpine e decorato con medaglia come Cantore, è stato relegato nel lato oscuro della Grande Guerra sul fronte italiano.
La sua figura si contraddistingue per l'alone d'antipatia con cui è stato rievocato dalla storiografia moderna e per le voci di “fuoco amico” legate alla sua morte nel 1916, alla guida della Brigata Benevento, nei boschi ad ovest dello Scoglio dell'Alpofin sull'Altipiano d'Asiago nel giugno 1916.
Senz'altro non ha mai cercato con il suo tratto ruvido di accattivarsi la facile simpatia di nessuno, aiutato peraltro dal senso per le battute taglienti.

Rievocando la sua storia abbiamo deciso di approfondire il suo ruolo, poco noto, sul fronte dell'Alto Isonzo nel corso del primo anno di guerra per vedere quale tipo di ufficiale sarebbe riemerso dalle carte d'archivio, al di là della nube dei giudizi più recenti.
Abbiamo ripercorso le sue tracce dal Vodil, a nord di Tolmin, per valutare le difficoltà della guerra in montagna affrontate nel 1915, fino alla tomba di famiglia dei Giordana nel cimitero monumentale di Staglieno a Genova, dove lo ha fatto traslare la vedova Rosetta Zardetto, nel 1923.
Ricordiamo che Cantore riposa nell'avello monumentale del sacrario di Pocol, in vista delle sue amate montagne.
Il ricordo di Giordana appartiene all'ombra degli alberi di quell'angolo del grande camposanto ligure.
Una corona rinsecchita è il consueto segno tangibile della patria riconoscente, un indizio peraltro riscontrabile su altri monumenti e lapidi della Guerra 1915 – 1918.
Lo abbiamo ritrovato nella foto alla parete del Sacrario del Battaglione Alpini Aosta, nel capoluogo regionale valdostano, sempre con il suo sguardo lontano rispetto all'osservatore. Sembrava dirci con la sua cadenza piemontese: “Mi raccomando fiöi, non trattatemi troppo male”.