Monografie: Sottotenente Leopoldo Aguiari.



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Anima di eroe in corpo di fanciullo. Le lettere del sottotenente Leopoldo Aguiari dal fronte (1916), a cura di D. Bragatto e G. Antonioli, Ferrara 2015.

Questo testo presenta la raccolta delle lettere del sottotenente ferrarese Leopoldo Aguiari, caduto sul San Michele nell'agosto del 1916, agli inizi della sesta battaglia dell'Isonzo. Le missive sono indirizzate al nonno dell'autore, il conte Alessandro Avogli Trotti, il quale dopo la morte del nipote ne curò la pubblicazione presso l'editore Taddei di Ferrara.

Il contesto storico che fa da sfondo alle lettere è quello della guerra sul Carso, un ambiente naturale molto aspro in cui gli italiani cercavano di travolgere le resistenze nemiche per arrivare a conquistare Trieste. Cadorna, dopo aver fallito all'inizio della guerra nel tentativo di travolgere le difese austroungariche, aveva dovuto accettare la guerra di trincea, ma cercando di trasformare il conflitto in una Materialslacht, ovvero una battaglia di materiali, in cui più facilmente poteva emergere la superiorità italiana in fatto di armamenti e risorse materiali. Si trattava in fondo di riproporre sull'Isonzo una guerra simile a quella che si combatteva nel 1916 sul fronte occidentale con le terribili battaglie di logoramento di Verdun e della Somme. Questo fa sì che le esperienze dei combattenti sul San Michele siano risultate davvero tremende dal punto di vista psicologico.

Le lettere di Leopoldo Aguiari sono testi semplici e scorrevoli, scritti in prima linea nel poco tempo rimasto libero dal servizio. L'autore, appena diciannovenne, affronta la guerra con coraggio e passione; il suo più grande obiettivo è quello di servire il paese con spirito patriottico, cercando di dare prova di valore. In questo atteggiamento si coglie l'influsso sia della famiglia d'origine, sia della cultura del tempo; il giovane Aguiari risente dell'influenza del dannunzianesimo, che come stile di vita includeva la concezione della guerra come eroismo e tripudio vitalistico. Al tempo stesso però emerge dalle lettere il senso di un inevitabile turbamento, quello di un giovanissimo soldato inviato in uno dei più terribili luoghi del fronte, dove era quotidiano lo spettacolo della morte e della distruzione. Da qui il tono dimesso e poco appariscente dei testi, che cercano di occultare agli occhi dei famigliari gli aspetti negativi del conflitto e i pericoli che inevitabilmente lo scontro in prima linea comporta. Questa componente di mestizia e rassegnazione, così lontana dallo spirito dannunziano, si apparenta invece con il clima crepuscolare che era tanto diffuso nella poesia primonovecentesca: come il poeta Sergio Corazzini, anche il giovane Aguiari sembra “un piccolo fanciullo che piange”.


Certamente la cultura del tempo, con la sua retorica esasperata e l'insistito patriottismo, finisce per condizionare l'autore, che fa propri aspetti significativi della mentalità corrente, come l'odio e il disprezzo per il nemico. Assuefatto alla propaganda bellica, che dipinge il nemico austro-tedesco come un essere disumano e spregevole, Aguiari definisce “bestiacce” i nemici contro cui sta per andare all'assalto e afferma di provare verso di essi un desiderio di vendetta. A rinforzare queste convizioni era venuto il famoso attacco con i gas sul San Michele, con cui gli austroungarici, di fronte alla continua e crescente pressione italiana, avevano cercato di riguadagnare il terreno perduto. A questo attacco, che già di per sé costituiva una inquietante escalation nel conflitto, si era aggiunto l'uso, da parte austriaca, delle mazze ferrate per finire i gasati moribondi. Questa arma, con il suo aspetto feroce e primitivo, era stata subito utilizzata dalla propaganda italiana come dimostrazione inconfutabile della barbarie del nemico. Nonostante questa visione dei fatti, che Aguiari condivideva, il nostro autore venne sepolto e ricevette un cavalleresco elogio per il suo valore da parte di un ufficiale ungherese, cioè esponente proprio di quella etnia che all'interno dell'esercito imperiale aveva fatto uso delle discusse mazze ferrate.


I due curatori del libro hanno dapprima delineato le vicende militari della quinta battaglia dell'Isonzo, in cui si colloca la dura lotta per la conquista del San Michele, e successivamente hanno commentato il diario di Aguiari, cercando di metterlo in relazione con la cultura e la mentalità del tempo.